Sono Giulia D’Eusanio e fin dalla scuola media volevo fare il Magistrato.
Ho iniziato il classico percorso di studi, salvo poi iniziare a conoscere meglio ciò che mi piaceva, ciò che sapevo fare e la strada che avrei voluto in realtà costruire.
Nel tempo non ho mai tralasciato i miei interessi per l’arte, la cultura, le lingue, continuando a destreggiarmi tra attività di vario genere e imparando in realtà a conoscere meglio me stessa, più che le mie scelte.
Forti doti organizzative, una particolare attitudine al problem solving, una buona gestione di più aspetti diversi di un’attività, erano elementi che mi risultavano talmente naturali da non averli mai realmente identificati come qualità, capacità, ma continuavano ad essere effettivamente un concreto aiuto per tutti i progetti cui partecipavo, un aiuto per le realtà con cui collaboravo.
Quando ci chiedono “cosa vuoi fare da grande” non abbiamo gli strumenti per saperlo, spesso non conosciamo nemmeno tutte le opportunità che potremmo avere. Talvolta si scoprono molto più avanti, quando vedi per la prima volta che ciò che fai abitualmente ha un ruolo, un posto nel mondo del lavoro.
Oggi sono una Project Manager perché volevo che le mie attitudini fossero molto più di un semplice aiuto occasionale. Volevo dare un supporto concreto a realtà e aziende per realizzare i loro progetti.
Il project management è qualcosa di ancora molto lontano nell’idea di una grande parte degli imprenditori, che si immagina solo correlato a realtà molto grandi e organizzazioni complesse. Volevo far si invece che si riuscissero ad avvicinare queste importanti nozioni e competenze anche alle realtà e progetti più piccoli, alle PMI, ai progetti culturali, perché si tratta della possibilità di realizzare al meglio i propri obiettivi.
Così nasce <strong>Attitude</strong>, che anche grazie alla collaborazione di altri professionisti in vari settori, permette di realizzare progetti in vari ambiti strutturando un percorso specifico secondo le basi del project management.
Il famoso “senno del poi” ti fa guardare indietro, alla strada fatta, le possibilità sfumate, e il più delle volte si capisce che sarebbe bastato avere degli elementi in più per costruire meglio quel percorso, una bussola per orientarsi. Il mio “senno del poi” mi ha fatto scoprire che basta avere solo le coordinate giuste per continuare a guardare sempre avanti.
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