Barbara Lunelli

2013

Ho iniziato quando non avevo più NULLA o meglio, quando avevo perso quello che per me era TUTTO. Un cancro mi aveva portato via mia madre dopo un’agonia lenta, dolorosa e non so ancora bene cosa mi aveva portato via il mio matrimonio.

Solo trentuno giorni, trentuno brevi giorni avevano cambiato la mia vita e mi avevano prepotentemente strappato dalla nuvola rosa dentro cui ero vissuta tutti i miei anni per scaraventarmi, senza alcuna pietà, dentro una realtà che non ero pronta a vivere, cui, semplicemente, non ero abituata.

Trentuno brevi giorni e poi NULLA. Nulla cui aggrapparmi, nulla cui appellarmi, nulla in cui sperare, nulla in cui credere. Non una casa. Quella della mia infanzia era il posto vissuto con mia madre. Non una famiglia. Mia madre era la mia famiglia. Non un compagno. Un marito era per me un “per sempre”. Mi sbagliavo… Non un lavoro. Lo avevo lasciato, mia madre aveva bisogno di me ogni istante.

Nulla per me, per me che ero abituata a tutto.

E poi la malattia, di nuovo. La stessa, aveva colpito anche me. Mi sono abbandonata alla sofferenza, completamente, totalmente, senza remore, senza alcun freno, senza alcuna resistenza e mi sono lasciata pervadere. Completamente.

Dovevo sentire. Ho scoperto solo successivamente che quando non si ha niente è un gran momento. Oserei dire un dono. Il momento migliore per osare. Il momento migliore per tentare. Quello giusto per lasciarsi andare. Probabilmente, come dice qualcuno, l’istinto di sopravvivenza, oppure, ha ragione De Andrè: “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”.

Non so quale di queste cose, forse tutte, e un libricino dal titolo “C’era una volta una mucca” mi hanno aiutata a liberarmi dall’angoscia, a rialzarmi e a guardare avanti. Ho trovato una casa, piccola, dalle pareti arancio: il mio rifugio.

Ho trovato un lavoro, duro, impegnativo, faticoso, dodici ore al giorno: la sospensione del pensiero. Ho ritrovato tre amici, i miei più cari amici: il sorriso caro, lo sguardo rassicurante, l’abbraccio puro. Ho guardato negli occhi la solitudine, l’ho vissuta. Ho trovato me. E poi la vita. E poi il sole. E poi finalmente il futuro.

Ho aperto la mia agenzia, ferma a stento sulle mie gambe tremolanti, fragile e spaventata. Appoggiata alla paura sono andata avanti. Decisa ho spalancato porte. Entusiasta ho buttato giù pareti. Caparbia non mi sono fermata. Mai. Dinnanzi a nulla.

E ho cominciato a sentirli, piano piano salire dentro di me, dai piedi fin nella pancia e poi sulla faccia, la forza, il coraggio, la contentezza per ogni successo, per ogni obiettivo raggiunto, per ogni singolo traguardo conquistato.

La mia agenzia… la mia creatura, la fonte di ogni mia soddisfazione. Ah giusto, non vi ho ancora detto di cosa mi occupo: paradossalmente organizzo matrimoni….

E ho scoperto anche l’ironia. L’ironia della vita che fino a quel momento non avevo conosciuto. E sono felice, leggera, soddisfatta di ogni singolo attimo.

Pronta a rileggere con nuovi occhi i miei trentuno giorni.